Oggetto della recente decisione della Sezione Prima-bis del TAR del Lazio (sentenza n. 7013 dell’11 aprile 2024) è, in particolare, la questione del computo del termine di impugnazione per “motivi aggiunti” degli atti di gara.
Termine che, come motivatamente illustra il TAR, deve rispettare -anche nel caso dei motivi aggiunti- le regole processuali elaborate dalla giurisprudenza amministrativa nel solco di quanto deciso dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 2 luglio 2020, n. 12 (come peraltro espressamente avvallato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 2021).
Più in particolare -con riferimento al caso concreto- con questa sentenza il Giudice amministrativo conferma il fatto che, qualora il ricorrente abbia presentato un’istanza di accesso tardiva rispetto al termine dei 15 giorni di legge, decorrenti dalla comunicazione o dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione, il termine di proposizione del ricorso per “motivi aggiunti” non gode di alcuna dilazione temporale. Ragione per cui resta fermo il termine di 30 giorni dalla data di comunicazione o di pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione.
Un tanto viene affermato in ossequio al principio di autoresponsabilità degli operatori; principio valevole anche per la proposizione dei “motivi aggiunti”.
E’ interessante rilevare che nel caso di specie il Giudice amministrativo ha espressamente escluso che l’eventuale proposizione tempestiva del ricorso principale possa comportare una sorta di “rimessione in termini” dell’operatore per quanto riguarda i motivi aggiunti, nonostante la presentazione tardiva dell’istanza di accesso. Viene affermato infatti che “la circostanza che la parte non abbia domandato l’esibizione degli atti di gara tempestivamente non può, tuttavia, essere aggirata con la presentazione di un ricorso purchessia, trattandosi di una condotta elusiva del termine di impugnazione stabilito dalla legge”.