Come noto, la Banca Popolare di Vicenza con Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze n. 185 del 25.6.2017 è stata sottoposta, su proposta della Banca d’Italia, a liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'art. 80, 1° comma del TUB e dell'art. 2, 1° comma, lett. a), del D.L. n. 99 del 25.6.2017 (conv. in L. 121/2017).
Il legislatore nazionale, preso atto delle rilevanti dimensioni del fenomeno, con L. 145/2018 ha introdotto uno speciale procedimento volto al riconoscimento di un indennizzo in favore degli azionisti di alcuni istituti bancari finiti in “default”, tra i quali anche la Banca Popolare di Vicenza.
Con Decreto del 10.5.2019 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha stabilito le modalità di accesso alle prestazioni del Fondo Indennizzo Risparmiatori (di seguito, “FIR”) e ha fissato i criteri per l’assegnazione dell’indennizzo. Tale Decreto contiene una definizione generale delle c.d. “violazioni massive” del TUF e attribuisce a una Commissione Tecnica il compito, tra l’altro, di stabilire criteri generali e linee guida per la tipizzazione di tali violazioni.
La predetta Commissione Tecnica con propria Delibera del 22.12.2019 (c.d. “Linee Guida”) ha tipizzato le “violazioni massive”, censendo le principali fattispecie e elencandole per aggregati coerenti allo scopo di favorire l’omogeneità della loro valutazione.
Numerosi sono gli azionisti che hanno investito i loro risparmi nella suddetta banca di Vicenza, ed hanno visto azzerato il valore delle azioni a causa delle predette violazioni del TUF. Al fine di accedere al ristoro previsto dalla legge questi azionisti, qualora non rientrino nel novero dei risparmiatori c.d. “forfettari” (con reddito annuo inferiore ad € 35.000 o patrimonio mobiliare inferiore ad € 100.000), devono fondare la loro richiesta sulle “violazioni massive” del TUF commesse dall’istituto bancario.
Purtroppo, però, la documentazione a comprova di tali violazioni può essere difficile da reperire riguardando spesso attività bancarie molto risalenti nel tempo e, non di rado, alquanto complesse.
Sull’onere documentale a carico dell’azionista istante si è espressa una recente sentenza del TAR del Lazio (sez. II, n. 13018 del 2.8.2023) che conferma il suo specifico favor nei confronti dei risparmiatori di fronte al rigetto di domande di indennizzo con motivazione fondata sulla carenza di documentazione idonea a comprovare le “violazioni massive” del TUF.
Il Giudice amministrativo distingue tra la posizione del risparmiatore e quella della Commissione tecnica (che è l’unico organo deputato a valutare e pronunciarsi sulle istanze dei primi; cfr. artt. 7, 8, 9 D.M. 10.05.2019).
Tra i due soggetti, infatti, si afferma sussistere un “ontologico rapporto di asimmetria informativa” riconosciuto dal legislatore, il quale ha posto a carico dell’azionista soltanto l’onere di allegazione delle violazioni massive e dei pregiudizi subiti (danno conseguenza). Sotto il profilo probatorio, il risparmiatore non è tenuto invece a dimostrare la sussistenza delle violazioni massive, sebbene gli sia riconosciuta la facoltà di produrre eventuale documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale utile ai fini dell'accertamento delle violazioni massive del T.U.F.
In particolare il TAR ritiene che spetta alla Commissione tecnica preposta alla valutazione delle istanze di ristoro “riscontrare in concreto la sussistenza delle violazioni massive del TUB poste in essere dalle banche -anche nei periodi temporali diversi dal c.d. “periodo sospetto”- in relazione alla posizione dell’istante, avvalendosi se del caso dei poteri istruttori forniti dal legislatore proprio in considerazione della debolezza informativa (posizione asimmetrica) in cui versa quest’ultimo rispetto all’istituto di credito”.
In sostanza, l’onere di provare la sussistenza in concreto delle violazioni massive non è posto in capo al risparmiatore, bensì alla Commissione tecnica, alla quale sono stati conferiti penetranti poteri istruttori e di acquisizione documentale.