La pratica della cremazione dei defunti sta conoscendo sempre maggiore diffusione anche nel nostro Paese, ma le strutture che forniscono tale servizio sul territorio sono poche e insufficienti a soddisfare una domanda in continua crescita.
Negli ultimi tempi, sull’onda di questa esigenza sociale, alcuni operatori economici stanno promuovendo la realizzazione dei c.d. “templi di cremazione”, edifici nei quali, oltre alla cremazione, vengono messe a disposizione sale per le cerimonie di commiato e altri locali per l’ultimo saluto al caro estinto.
La realizzazione e la gestione degli impianti di cremazione, tuttavia, incontrano limitazioni significative nella legislazione vigente, trattandosi di opere che vengono equiparate alle altre costruzioni tipiche ed “esclusive” dei cimiteri (quali le cappelle, i loculi e le aree di inumazione), e che dunque sottostanno alle medesime regole di vigilanza e controllo che ispirano la disciplina generale dei servizi cimiteriali.
In questo senso si è espressa una recente sentenza del TAR del Veneto (Sezione Seconda, 20/01/2023, n. 94) in una causa nella quale il nostro Studio difendeva il Comune che aveva negato il rilascio del permesso per la costruzione di un tempio crematorio.
La sentenza offre lo spunto per un rapido esame della normativa di riferimento, con particolare riguardo a quella veneta. Le fonti che disciplinano la materia dispongono in particolare che:
In base ai principi generali sopra richiamati, l’insediamento dei forni crematori non è nella libera disponibilità degli imprenditori privati ma rientra nell’esercizio dei poteri di amministrazione attiva dei Comuni e deve conformarsi alla programmazione regionale e locale di settore.
Da ciò non consegue, peraltro che gli operatori del settore non abbiano alcuno spazio di iniziativa.
La progettualità privata potrebbe esercitarsi, ad esempio, nelle forme del project financing, mediante proposte ai Comuni per la realizzazione e gestione degli impianti sulla scorta della normativa che regola le concessioni amministrative.
Gli operatori del settore dovrebbero insomma farsi promotori di apposite operazioni nell’ambito del partenariato pubblico/privato per trovare l’equilibrio tra le istanze di carattere imprenditoriale e il necessario rispetto dei moduli procedimentali di natura pubblicistica derivanti dalla natura delle opere da realizzare e dell’attività da gestire.